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Il Gatto si può educare?

Il gatto è indubbiamente un animale sociale, vale a dire  è dotato di una mente per pensare e per provare emozioni (proprio come il cane): ma è possibile educarlo?
La prima educazione del gatto viene data dalla mamma, che gli impartisce alcuni insegnamenti fondamentali per la sua vita: dalla madre infatti, i gatti imparano non solo cose fondamentali, come pulirsi, difendersi o cacciare, ma anche a rapportarsi con gli altri e a giocare senza procurare dolore.

Per questo il gattino deve stare con la madre il più a lungo possibile, almeno due mesi, ma anche tre. Durante questo fondamentale periodo la madre potrà insegnargli i comportamenti di base per la sua vita futura, dal controllo del morso a cosa mangiare a come procurarsi il cibo e molto altro.
Anche nel gioco e nell’interazione con i fratelli – nessun gatto nasce figlio unico – il piccolo impara a relazionarsi con gli altri e a giocare senza usare le unghie. È per questo che, in alcuni casi, un gattino orfano, allattato e allevato da un essere umano, da adulto potrebbe avere problemi di comportamento, per esempio essere troppo mordace, se non gli è stato insegnato a limitare la forza dei denti.
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Quando il gattino, e ancora di più un gatto adulto, arriva nella nuova famiglia ha già un’esperienza e un suo carattere: può essere timido o coraggioso, tranquillo o agitato, affettuoso o riservato; ognuno è diverso dall’altro, come i bambini.
Bisogna accettarlo, non forzarlo, dargli tempo e spazio e cominciare fin da subito a parlargli. I gatti, infatti, comunicano molto con la voce. Un po’ alla volta, si creerà un linguaggio comune, come succede in famiglia, fatto di parole, di toni di voce, di modi di dire.
Quando il gatto viene introdotto in un gruppo di “umani”, occorre quindi considerare che egli è vissuto in un gruppo sociale organizzato in modo molto diverso rispetto ad esempio a quello del cane.

Per il gatto è impossibile concepire alcuni tipi di regole, in particolare quelle che riguardano l’accesso alle risorse (acqua, cibo, spazio, ecc.) e i divieti. Il gatto non riesce a comprendere il divieto di raggiungere un luogo, o il divieto di mangiare del cibo presente in un dato luogo.  Per i gatti infatti vige la regola che “chi primo arriva meglio alloggia”,  quindi al massimo sarà disposto ad aspettare che qualcun altro, che è arrivato prima di lui, entri in un luogo, usufruisca di uno spazio o mangi del cibo: quando questo avrà finito sarà il suo turno.

Per i motivi sopra esposti il “divieto” per il gatto è totalmente inutile. Per esempio vietare ad un gatto di saltare sul tavolo, che per noi significa spiegargli che esiste una regola per cui il tavolo è per lui irraggiungibile, per il gatto significa soltanto che noi non vogliamo che ci salga in quel momento: di conseguenza, appena ci saremo allontanati, ovvero avremo terminato di usufruire della risorsa “tavolo”, sarà il suo turno di salirci. Se insistiamo a sgridarlo e a punirlo quando sale imparerà unicamente a non fidarsi di noi e a temerci, poiché siamo spesso arrabbiati e violenti nei suoi confronti senza un motivo per lui comprensibile.

Poichè il gatto, essendo un animale sociale, ha invece molto bisogno di compagnia, potremmo sfruttare questa sua necessità per ottenere i comportamenti da noi desiderati. Ad esempio, alcuni gatti tendono a salire sulla tavola non tanto per mangiare il cibo dal piatto quanto per “stare in compagnia”, ovvero per condividere con il gruppo famigliare, di cui si sentono parte, un momento tanto importante della giornata. Possiamo quindi lasciare libera una sedia, magari con un cuscino speciale che al gatto piace particolarmente ed invitarlo a salirci quando ci mettiamo a tavola. Ogni tanto, mentre è sulla sedia, lo possiamo premiare lodandolo o carezzandolo nel modo che lui preferisce.

Oppure, se non vogliamo che salga sul tavolo durante i pasti, lasciamogli sempre a disposizione del cibo secco in vari punti della casa e offriamogli un alimento particolarmente appetitoso prima di iniziare a mangiare.

 

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Un altro comportamento tipico dei gatti è quello di aggirarsi fra i fornelli mentre i proprietari cucinano: anche questo comportamento è dettato, oltre che dalla curiosità, dal desiderio di affiliazione, ovvero di sentirsi parte integrante del gruppo famigliare partecipando alle attività quotidiane.

Trattandosi tuttavia di un comportamento pericoloso, in quanto comporta il rischio di ustioni, tagli o rovesciamento di pentole, possiamo offrire al micio un luogo piacevole, comodo e che gli permetta di supervisionare la nostra attività culinaria. A tal fine possiamo posizionare un cuscino in un punto della cucina davanti a cui passiamo spesso mentre cuciniamo, meglio se ad altezza ripiano di lavoro, e indicarlo al gatto prima di iniziare a cucinare o appena si presenta in cucina, offrendogli un premio in cibo quando ci sale e lodandolo con la voce o carezzandolo ogni tanto, se gli piace, mentre stiamo lavorando.

Per il gatto un luogo può essere interessante per il gatto per vari motivi:

–  perché è in alto e quindi sicuro
–  perché ha una superficie piacevole al tatto
– perché permette una buona visuale
–  perché permette frequenti contatti sociali e perché le persone che ama gli prestano attenzione quando lo occupa.

Alla base dell’educazione del gatto esiste però sempre un rapporto di fiducia con l’animale che occorre saper instaurare fin dal primo giorno in cui il gatto entra nella nostra vita. Si tratta di una relazione equilibrata in cui i nostri ruoli e quelli del micio sono molteplici e si adattano alle diverse situazioni della vita domestica. Per questo motivo è estremamente importante diversificare le attività che proponiamo al nostro felino, essendo quindi disposti a dedicare parte del nostro tempo ad interaragire con lui. Molti gatti infatti vorrebbero interagire con il proprio gruppo famigliare, fare delle attività assieme, ma non sanno cosa e quindi finiscono per limitarsi a chiedere continuamente cibo, finendo per essere fastidiosi ed insistenti. Se la relazione uomo-gatto è ricca e ben bilanciata questo non avverrà, perché sia il gatto che il suo proprietario sapranno proporre molte attività da fare assieme.

 

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E’ possibile creare quindi un buon rapporto con il nostro amico gatto seguendo anche solo questi semplici consigli:

2) Comunichiamo con il gatto mediante l’utilizzo di parole e toni di voce diversi. Evitiamo di fare continuamente “pcc pcc” – il verso simile a un bacio per intenderci – al gatto e di chiamarlo ripetendo il suo nome troppo spesso, altrimenti, smetterà di rispondere. Per ovviare al problema si potrebbe pensare di dare al nostro micio un vezzeggiativo, che sia diverso dal suo nome e che si usa solo per coccolarlo.
Parlare con il gatto è un ottimo modo per instaurare con lui un buon rapporto e, proprio come si fa con gli esseri umani o anche con i cani, è “buona creanza” salutarlo quando si entra o si esce, oppure chiamarlo quando, ad esmpio, è pronto “in tavola”.

1) cerchiamo di ottenere la collaborazione del gatto sulla gestione degli spazi offrendogli dei luoghi molto vantaggiosi in cui stare, in modo da evitare che occupi spazi indesiderati.

2)Proponiamo al gatto molte attività diverse in modo da rendere la relazione con lui ricca e varia, prevenendo eventuali comportamenti problematici come il chiedere continuamente cibo o lo scatenarsi in un gioco sfrenato in orari poco piacevoli, come al mattino presto. Tali attività potrebbero ad esempio consistere in:

– giochi atletici, indicando al gatto dove saltare e guidandolo in piccoli percorsi ad ostacoli casalinghi, oppure utilizzando il nostro corpo come se fosse un ostacolo e guidandocelo sopra;
– piccoli “rompicapo”, anche durante i giochi di caccia: basterà ad esempio nascondere il filo che il gatto stava inseguendo sotto un tappetino in modo che debba sollevarlo per arrivare al gioco e riprendere ad inseguirlo.

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2 risposte a Il Gatto si può educare?

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